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L'antico Borgo

Cavaglià

S.Michele Arcangelo

Anche durante il periodo romano questa zona ebbe larga fama, come attestano gli avanzi di  strade, lapidi, oggetti e miniere. Il territorio di Cavaglià era solcato da due strade romane, la  cui importanza rimase fino al Medioevo, una permetteva il transito verso la Valle d’Aosta, la  Svizzera e la Francia; l’altra consentiva di salire fino a Salussola per raccogliere l’oro ricavato  dalle vicine miniere.

 

Documenti di vecchie donazioni testimoniano l’esistenza di Cavaglià nel  periodo medievale. Del XIII secolo è un insigne cavagliese: l’immortale Giovanni Jersen,  l’abate di Santo Stefano in Vercelli, autore del famoso libro di spiritualità ‘L’imitazione di  Cristo’. Agli inizi del ‘700 giunsero nel territorio di Cavaglià i Francesi. Nella tenuta Rolej esiste ancora oggi un pozzo, non più in uso, risalente all’epoca napoleonica. 

 

Cavaglià, ricca di vigne, frutteti e vivai, divideva con Roppolo il vanto dei vini chiaretti che, se  invecchiati, eguagliano i migliori di Sicilia e Sardegna. Già nella metà dell’800 vi era un fiorente commercio tra Genova e Cavaglià di questo vino pregiato, che veniva trasportato in  barili di legno di castagno per garantirne la buona conservazione.

 

Il vino Chiaretto si  otteneva mescolando al 50% Erbaluce e Bonarda, da un quintale di uva si ricavavano circa  trenta litri vino, di gradazione intorno ai 15 gradi. Cavaglià viene citato anche in una rivista tecnica della metà del ‘900 che raccomandava ai  viticoltori, nei loro rinnovi, di piantare la Bonaria di Cavaglià; seguiva poi l’Erbaluce e la  Malvasia come vitigni per vini tipici.


Le prime notizie sull’Erbaluce risalgono al 1606 e sono riportate su un libro di Giovanni  Battista Croce. Il nome del vitigno ha origine da ‘Albe Lucenti’, in riferimento al colore dei  grappoli che in autunno il sole accende di riflessi ramati. E’ uno dei pochi vitigni bianchi del Piemonte e le sue caratteristiche ne consentono l’utilizzo per la realizzazione di più vini. Il  comune di Cavaglià era considerato il centro di produzione dei vini caratteristici della regione.

L’antico borgo di Cavaglià ha origini molto remote, come dimostra il ritrovamento di  parecchi oggetti antichi (oggi conservati al Museo Civico di Torino) appartenenti alle epoche  preistoriche e a quelle più remote della storia. I primi popoli che lasciarono una traccia del  loro passaggio furono gli Osci-Iberici venuti dalla Francia.

Ad essi seguirono i Liguri, gli  Umbri, gli Etruschi e i Gallo-Celti che si stabilirono in questo territorio e diedero il fondo più  comune al dialetto piemontese. Il nome stesso Cavaglià ha origine celtica. Alcuni pensano che risalga a qualche famiglia  celtica detta dei ‘Caballi’. Un’etimologia però che nasce più spontanea dalla configurazione  di questo luogo è quella che deriva dalla voce celtica Caula (=cavità naturale formata da colli  isolati e catene di colli). Il suo nome primitivo sarebbe Cauliaca, composto da Caul e dalla desinenza Jaca e significherebbe: luogo delle caule, cioè delle valli  o con valli. Chi percorre la catena della Serra vedrà che nessun luogo del circondario  presenta una superficie così caratteristicamente avvallata, sinuosa e ricca di colli come il  territorio di Cavaglià. Cavaglià infatti è situato ai piedi della collina morenica della Serra, vicino al lago di Viverone,  anch’esso di origine glaciale, e a Roppolo.

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